Muore straziato il capodoglio Julio nello stretto di Gibilterra

Ancora una vittima, con ogni probabilità, dell’intenso traffico marittimo del Mediterraneo

Un capodoglio con un profondissimo taglio sul dorso che quasi sembrava dividere a metà l’animale, è il drammatico avvistamento del 26 luglio, nello Stretto di Gibilterra, fatto dalla Fondazione FIRMM, a poche miglia dal paese di Tarifa, in Spagna, davanti agli occhi esterrefatti di decine di partecipanti a un’uscita di whale watching. Dalle foto, i ricercatori spagnoli sono stati in grado di identificare l’individuo, avvistato regolarmente da circa 10 anni, chiamato “Julio” e studiato anche dall’organizzazione CIRCE.

Il tipo di ferita, che sanguinava copiosamente, è dovuta con ogni probabilità alla collisione dell’animale con una grande nave, per esempio uno dei tanti cargo che transitano nello Stretto, oppure uno dei  ferry veloci che vanno da Tarifa a Tangeri, in Marocco. Non è un caso isolato: altri due incidenti con capodogli sono stati evitati per un soffio nella stessa zona solo nei mesi di giugno e luglio, sottolinea il team scientifico della NGO locale Nereide.

Nello Stretto di Gibilterra i cetacei sono costretti a convivere con un traffico marittimo intensissimo, cosa che li accumuna a quelli “nostrani” del Santuario Pelagos, dove è di sole poche settimane fa l’avvistamento di “Atlante”, capodoglio con la coda “tagliuzzata” con ogni probabilità da un’elica. E questi casi sono forse solo la punta dell’iceberg poiché si pensa che la maggior parte degli animali che vengono investiti muore, dopo lunghe sofferenze,  senza che qualcuno se ne accorga.

Il problema non è solo locale: i capodogli sono capaci di grandi spostamenti tanto è vero che diversi individui dello Stretto vengono avvistati anche al largo del Ponente Ligure, che è parte dell’area di ricerca del progetto Cetacean Sanctuary Research condotto dall’Istituto Tethys.

Il drammatico problema delle collisioni, per inciso, non riguarda solo i capodogli, ma anche l’altra specie di grande cetacei dei nostri mari, la balenottera comune. Entrambe le sotto-popolazioni mediterranee, geneticamente isolate, sono classificate a rischio di estinzione nella lista rossa dell’IUCN (International Union for the Conservation of Nature).

In un recente articolo scientifico sulla rivista “Aquatic Conservation” (*), con primo autore Alessia Scuderi, di Nereide (e collaboratrice dell’Istituto Tethys), i ricercatori propongono misure concrete per ridurre le collisioni nello Stretto di Gibilterra, tra cui la presenza obbligatoria di osservatori sulle navi, la formazione specifica per i membri degli equipaggi e soprattutto la riduzione della velocità del traffico nelle aree e stagioni a rischio. La velocità è infatti stata riconosciuta come fattore critico per le collisioni tra imbarcazioni e cetacei, e il rischio aumenta enormemente sopra i 10 nodi.

In riconoscimento dell’allarme degli esperti,  l’anno scorso il Marine Environment Protection Committee (Comitato per la protezione dell’ambiente) dell’International Maritime Organization (Organizzazione Marittima Internazionale), l’agenzia delle Nazioni Unite incaricata di regolamentare il trasporto marittimo, ha dichiarato una parte del Mediterraneo nord-occidentale “area marina particolarmente sensibile” (PSSA – Particularly Sensitive Sea Area) con l’obiettivo proprio di proteggere i grandi cetacei dalle collisioni. È un primo, importante passo, ma preoccupa comunque il fatto che i capodogli del Mediterraneo non superano, secondo le stime, i 2500 individui – le balenottere probabilmente meno di 2000; di conseguenza ogni individuo morto per causa dell’uomo è una perdita grave per la sopravvivenza della  popolazione.

Maddalena Jahoda

(*) A. Scuderi et al. Tying up loose ends together: Cetaceans, maritime traffic and spatial management tools in the Strait of Gibraltar” (Aquatic Conservation, https://onlinelibrary.wiley.com/doi/abs/10.1002/aqc.4066)