Da Genova al Libano: la fine del viaggio delle orche perse nel Mediterraneo

28 dicembre 2019

Ancora una volta le orche “di Genova” hanno sorpreso tutti, comparendo, dopo Genova, Vado e Portofino, nientemeno che all’imboccatura dello Stretto di Messina; purtroppo da un video segnalato da Marecamp e realizzato alla fine di dicembre da Simone Vartuli, un pescatore sportivo della zona, le orche visibili sono solo tre, e i cetologi dell’Istituto Tethys temono che a mancare all’appello sia proprio “Dropi”, l’individuo che appariva decisamente magro.  Dal 19 dicembre non si avevano più segnalazioni, anche a causa del mare grosso che rende sempre difficili gli avvistamenti. In poco più di una settimana il branco (o “pod”) ha quindi percorso circa 800 km, una distanza che appare  del tutto plausibile per questa specie. Come è noto questo gruppo è ben conosciuto in Islanda e per entrare in Mediterraneo ha percorso almeno 5200 km.

L’insolita comparsa delle orche in Mediterraneo ha appassionato il pubblico dei social, e non solo, fin dai primi di dicembre, quando è comparso in Liguria, dopo essere stato segnalato in novembre al largo della Spagna e della Sardegna. Si trattava di un maschio, una madre con un piccolo di meno di un anno e altri due femmine (o maschi giovani). Proprio di fronte a Genova, Tethys e diversi altri gruppi tra cui l’Acquario di Genova, Menkab e Whale Watch Genova, grazie al prezioso appoggio della Guardia Costiera, hanno assistito al dramma della morte del piccolo, che la mamma ha trascinato per giorni, non volendolo abbandonare anche se non respirava più.

Dalle foto il pod, che è una vera e propria famiglia, era stato riconosciuto dai ricercatori di Orca Guardian, in Islanda. A differenza delle altre, la mamma del piccolo non aveva ancora un nome nel loro “catalogo”. Attraverso un sondaggio on line è stato votato per lei il nome “Zena” (Genova in dialetto), a ricordo del suo prolungato soggiorno nel porto di Prà.

Dopo la morte del piccolo, che purtroppo non è stato possibile recuperare per cercare di stabilire la causa della morte, anche uno degli adulti appariva in difficoltà; in una riunione indetta dalla Capitaneria di Porto di Genova, la comunità dei ricercatori, in accordo con ISPRA e il Ministero dell’Ambiente (e con l’interessamento personale del Ministro Costa), aveva deciso di monitorare gli animali e di raccogliere dati scientifici, ma senza  intervenire in alcun modo, né tentando di allontanarli, né applicando strumenti né tantomeno catturando gli animali, privilegiando invece il benessere dei cetacei. Qualsiasi intervento infatti non farebbe che aumentarne lo stress – una decisione anche in linea con le ordinanze della Guardia Costiera che, in Liguria vietava alle imbarcazioni o ai subacquei di avvicinarsi.

Quanto all’individuo mancante, non è stato possibile confermare di quale si trattasse, in mancanza di foto professionali. Non è impossibile che si sia allontanato temporaneamente dal gruppo, ma appare piuttosto improbabile in questa situazione, confermano i ricercatori islandesi, in contatto costante con Tethys.

Dopo gli avvistamenti in Sicilia non si sono più avute segnalazioni del gruppo di orche per diverse settimane. Poi, il maschio, Riptide, è stato avvistato di fronte alle coste del Libano e, quasi contemporaneamente, la carcassa di una femmina veniva ritrovata, non lontano. Non è stato possibile confermare che si trattasse di un membro del gruppo, sulla base della fotoidentificazione, perché il corpo era ormai in avanzato stato di decomposizione, ma sembra piuttosto probabile.

Il maschio Riptide, apparentemente rimasto solo, è poi comparso in Israele, di fronte a Haifa, e questa volta, dalle foto, anche lui appare molto magro. Non si hanno più segnalazioni al momento.

​​​​​​Maddalena Jahoda