Nuova balenottera mutilata avvistata nel Santuario dei Cetacei, dopo Codamozza: non è un individuo conosciuto

Sanremo 21 agosto 2020

Non compare nel catalogo di fotoidentificazione che riunisce le foto “segnaletiche” degli avvistamenti,  la balenottera (Balaenoptera physalus) “Mezzacoda” avvistata il 20 agosto nel Santuario Pelagos, tra Sanremo e Arma di Taggia a circa un miglio dalla costa. Si tratta ancora una volta di un grande cetaceo gravemente mutilato, con una parte della coda mancante, e in difficoltà.

La notizia era giunta quando ancora non si era spento l’eco della terribile vicenda di “Codamozza”, la balenottera comune completamente senza coda che ha percorso centinaia di chilometri in tutto il Mediterraneo, seguita anche dalla stampa estera.

Foto e video hanno fornito subito due dati importanti: sicuramente non si tratta di Codamozza.  La sfortunata balenottera era stata seguita da Tethys fin dal 1995, e in seguito rivista regolarmente sia da noi che da altre organizzazioni. Inoltre la fotoidentificazione, uno strumento prezioso per la ricerca a lungo termine sui cetacei, il cui catalogo è gestito da oltre 30 anni da Margherita Zanardelli, ha permesso di stabilire che questa volta invece non si tratta di un individuo conosciuto in precedenza.

Ha importanza? Sì, perché vuol dire che si aggiunge un altro animale alla lista già lunga di quelli con menomazioni, e che comprende altre tre balenottere e un capodoglio con parte della coda mancante, e cinque balenottere con la pinna dorsale amputata. Inoltre un progetto di ricerca più ampio, Proposal to develop and evaluate mitigation strategies to reduce the risk of ship strikes to fin and sperm whales in the Pelagos Sanctuary (o brevemente “Ship Strikes”), finanziato dall’Accordo Pelagos e coordinato proprio da Tethys, riporta un impressionante totale di 143 grandi cetacei con segni di collisione solo nel Santuario.

A parte questo, la coincidenza della vicenda di Codamozza e di Mezzacoda è allarmante. Anche in nel caso recente i segni di stress sono inequivocabili: manca il lobo destro della coda e del sinistro resta solo una striscia; il nuoto è lento e il cetaceo, visibilmente magro, si aiuta con le pinne pettorali, mente normalmente la propulsione avviene per mezzo della coda.

 “Sembrava emaciata, perdeva pezzi di pelle e anche i molti parassiti esterni, le “penelle”, indicano uno stato di compromissione. L’abbiamo scortata per un lungo tratto per evitare che le barche dei curiosi si avvicinassero troppo aggiungendo ulteriore stress” riferisce Caterina Lanfredi, vice-direttore del Cetacean Sanctuary Research (CSR) di Tethys, il progetto che conduce ricerche su balene e delfini in questa zona con base a Portosole Sanremo.

Anche per il resto del team –  Sabina Airoldi, la sottoscritta,  e i collaboratori a bordo della barca da ricerca “Pelagos di Flash Vela d’Altura – questo nuovo avvistamento è uno choc. Purtroppo vediamo spesso, troppo spesso, cetacei con cicatrici. Nostro malgrado conosciamo ormai molto bene alcuni individui che devono aver passato l’inferno, come “Propeller” una balenottera comune con vistosi tagli davanti alla pinna dorsale, sicuramente riportabili a un’elica, o “Freddy” un capodoglio con profonde cicatrici davanti alla pinna dorsale, sul corpo e dietro alla testa, riavvistato anche proprio pochi giorni fa.

Le cause? Come per Codamozza, le ipotesi sono sostanzialmente due: o una collisione con una nave oppure l’animale è rimasto impigliato in una rete da pesca. “Il profondo segno sul peduncolo caudale fa decisamente pensare all’impatto con la chiglia di una nave”, sostiene Simone Panigada Presidente di Tethys e responsabile del progetto Ship Strikes.

Quanto a “Codamozza”, non se ne hanno più notizie dai primi di luglio, quando era stata avvistata nel golfo di Tolone, e si teme che non ce l’abbia fatta. E lo stesso potrebbe valere per il capodoglio trovato impigliato in una rete illegale nelle acque delle Eolie poche settimane fa; parzialmente liberato, è poi sparito con la coda ancora completamente imbrigliata. E non era il primo: seguiva a un altro individuo, anch’esso con la coda avvolta in una rete, nelle stesse acque, fortunatamente liberato, sempre grazie a coraggiosi interventi della Guardia Costiera e dei biologi siciliani.

In seguito ai due drammatici episodi, avvenuti nell’arco di poche settimane, Tethys e Greenpeace hanno inviato una lettera al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali Teresa Bellanova chiedendo la messa al bando totale delle reti derivanti che tante vittime stanno causando tra gli animali marini.

Ma non è nemmeno l’unica minaccia che incombe sui mammiferi marini dei nostri mari: ci sono  anche l’inquinamento acustico, quello chimico, il riscaldamento delle acque. Quest’estate ha portato anche una serie di avvistamenti inconsueti: balenottere insolitamente vicine alla costa anziché in alto mare come sarebbe normale, sono state segnalate ripetutamente al progetto CetaceiFAIattenzione, sempre di Tethys, che raccoglie informazioni da tutta Italia.

“Potrebbe essere conseguenza di una carenza di cibo, il krill mediterraneo, nella zona del Santuario dove normalmente le avvistiamo” aggiunge Sabina Airoldi, “forse un altro segno che anche le dinamiche oceanografiche stanno subendo gli effetti dei cambiamenti climatici.”

I ricercatori saranno all’erta anche nei prossimi giorni per seguire le sorti di “Mezzacoda” e su una cosa concordano tutti; ancora una volta si tratta di un cetaceo in difficoltà proprio nel bel mezzo del Santuario Pelagos, la grande area marina protetta istituita paradossalmente proprio per la tutela dei cetacei. Sia qui che nel resto del Mediterraneo, rischiamo seriamente di perdere un patrimonio prezioso e insostituibile.

Maddalena Jahoda